11/08/06

 

Souvenir de Sicilie

Come opportuna riesumazione del mio diario virtuale copincollo pezzi sulla vacanza appena terminata, argomento perfettamente autoreferenziale, kitsch e non interessante, un po’ come propinare 3 ore di diapo agli amici.

L’equipaggio è strampalato come una ridottissima armata brancaleone, uno skipper neopatentato, la sua consorte nordica ed idrorepellente ed io, che non ho mai messo piede su alcun natante.
Passiamo i primi giorni sulla costa messinese, tra maldestre orzate strambate e molte cazzate, immersi sempre in una bava di vento di pochi nodi. Inizio a prenderci gusto, il timone diviene un aggeggio meno randomico, il winch si fa meno ostico e dormire la notte nella mia microcabina cullata dalle onde è un lusso che nessun fivestar potrebbe donarmi.
Già dal terzo giorno l’enorme piacere di sentire il vento che mi trasporta nel silenzio inizia a disvelarsi e poi... poi c’è il blu, quello che mi accoglie quando il sole si fa insostenibile, grandiosamente profondo sotto e vasto attorno, immergersi al largo mi ricorda le passeggiate nello spazio vagheggiate leggendo fantascienza. Mentre si naviga il ritmo è ammaliante, composto da lentezza e silenzio. Il deserto d’acqua e la sagoma delle colline azzurre di foschia e di lontananza spingono la mente ad attribuire un senso da codice morse al riverbero del sole sulle increspature, mi diviene palese che è la bellezza che ci ha guidati all’idea del kosmos, ed anche che un giro in barca vale molti giri di sostanze psicotrope. La sera il senso della vita mi si rivela nuovamente sotto forma di zuppa di cozze, assolutamente lo stesso sugo di pomodoro che di certo servono sull’Olimpo.
Al sesto giorno di rodaggio decidiamo di avventurarci fino alle Eolie, isole dell’isola ergo isole al quadrato. Cielo terso, bella brezza, dopo 5-6 ore Lipari è a 2 km, scruto la costa per individuare le grotte da visitare col gommone (che si chiamerebbe tender ma a me fa tanto "uè pirla cala il tender") quando decidiamo di attivare il motore. Sput sput, batteria marcia, deriva, panico di un terzo dell'equipaggio. Dopo varie scazzignate il motore riparte e abbandoniamo l'idea di pernottare in rada, a prua in mezzo ai faraglioni faccio il mozzo che scruta il fondale e colgo miriadi di piccole meduse azzurre trasportate dalla corrente, un po' le invidio, nella mia prossima reincarnazione voglio rinascere invertebrato, vicino al senso delle cose e lontano dal trionfo della volontà.
Ci dirigiamo verso il molo, ancora non abbiamo terminato l'attracco e già mi tacchina un operatore, in queste vacanze tengo fede al motto di averne uno in ogni porto, che si adopera al meglio via cellulare ma la batteria che reperisce non ha gli ampere adeguati. Scarpiniamo fino in paese per rimediare la batteria e mi si apre un delirio di buganvillee, rovi di more, oleandri, ibisco e fichi d'india. Al ritorno il tramonto incendia il mare e raccolgo qualche rametto di finocchio selvatico per il sugo, purtroppo al molo tutta questa intensità è distante, sembra più un campeggio galleggiante. Mentre taglio la cipolla sento i vicini di barca che s'informano se Lucio Dalla sia già arrivato. Alzo il volume della radio per non sentire ulteriori sproloqui sui vip che frequentano le isole e continuo ad affettare mentre, puntuale ma ignaro dell'attesa, l'autore di piazza grande approda. Con gli ultimi neuroni accesi colgo la vicina di barca che urla al telefono con un'amica per informarla di avere appena visto un vip, poi sento che fibrilla alla notizia che Zambrotta è in arrivo. Chissà quanti lucidalla ci vogliono per un cannavaro?
Il giorno dopo ci si dirige a Vulcano, in rada tento la mia prima esperienza col gommone dall’esito fumettistico ed esilarante per gli astanti, consistente nel girare in cerchi concentrici e velocissimi come uno squalo cocainomane. Testarda ritento, partendo a scheggia ma almeno in linea quasi retta, ho la sensazione che le barche limitrofe si scostino lievemente spaventate al mio passaggio. Dopo una decina di minuti rasento l’impennata e lo schianto contro gli scogli, spengo tutto e pazientemente attacco a remare. Inaspettato giunge in mio soccorso uno splendido biondo dal sorriso eburneo con costumino azzurro, al galoppo su un tender bianco che mi sembra di sentir nitrire, accetto grata l’aiuto e i sorrisi e mi rammarico tra me e me di non credere più alle favole. Abbandonata ogni sorta di canotti mi dedico allo snorkeling, rimbambinendo dietro ogni esemplare della fauna ittica ed ancor più al suono delle bollicine di zolfo che mi cantano nelle orecchie vicino ad un’altra spiaggia. Durante il ritorno serotino scatto le consuete 150 foto ai faraglioni ed altrettante al cratere, chiedendomi cosa mi porti a subire così profondamente il fascino dei vulcani e dei processi magmatici.
I giorni successivi trascorrono anch’essi tra salsedine capperi onde intorti pomodori nuotate stelle vento scazzi tramonti fotografie risate fino al ritorno, fino ad ora che sono davanti al monitor, a casa, senza più l’odore del mare addosso e incazzata come una biscia per questo.

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