30/03/06

 

De la cultura alta (ovvero terra inghiottimi)

La mia indiscutibile propensione alle gaffes mi ha spesso fatto rimpiangere la buona consuetudine di tenere una capsula di cianuro nel molare. Ma stasera ho raggiunto il mio zenith. Sublime. Da bloggare immediately.
La scena si svolge nel foyer del locale teatro di prosa, tra un atto e l’altro di una mattonata immane. Anticipo che in 15 anni di onorato abbonamento ne ho viste di tutti i colori. Una Melato che tentava inutilmente di salvare un Tennesse Williams da rigurgito, una Goggi a scelta che danzava come un ippopotamo attempato sulle note di Hello Dolly, il bardo di Stratford ucciso mille volte in mille modi diversi, cani, nani e ballerine. Ma il primo atto di stasera riusciva a mio modesto avviso ad offendere la nobile Melpomene come pochi avevan saputo fare. Avevo sempre lamentato un cartellone che per esser nazionale era decisamente troppo leggero e piaccione e il fato beffardo mi stava ripagando con un adattamento a dir poco avanguardista-sperimentale di un testo di un drammaturgo elisabettiano, che avrebbe steso un molosso per la sua inefficacia nell’impatto scenico e nello spessore. Peccato, perchè la ricerca e la complessità e il sudore si notavano tutti, ma sembravano persi inutilmente nel velleitarismo.
Per farla breve, mi stavo fumando la mia sigaretta e si avvicina a salutare un amico di amici, persona gradevolissima e simpatica che gira raramente da stè parti perchè il suo amore per il teatro l’ha necessariamente allontanato dalla provincia. Un breve scambio di sguardi come a dire “che ne pensi?” e faccio immediatamente correre due dita a cercare la vena sull’avambraccio per metacomunicare il mio stato di torpore. Rincaro con un “pesanteee”, lui abbassa lo sguardo imbarazzato e borbotta “L’ho fatto io”. Cazzo, era il regista.

26/03/06

 

E Nanni non sbaglia un colpo (anche se palombella non era un granchè)

Film complesso stò Caimano. Inizialmente può apparire inefficace, giocato su un Berlusconi che transita attraverso la pellicola come una meteora troppo didascalica e scollegata. Poi ti accorgi che nella tua vita d’italiano è andata proprio così e inizi a cogliere il senso di questa sceneggiatura che pare un gioco di scatole cinesi; allora riesci a muoverti al ritmo di quel taglio iper-realista che sa evocare il lirismo proprio celebrandone la totale assenza, nei momenti che accarezzano gli spazi e gli oggetti esattamente come ci appartengono ma aggiungendovi l’affetto dello sguardo.
C’è poca Italia proprio per potercene far stare tanta, e ce la senti tutta quella trasformazione che abbiamo vissuto ma non capito. Non c’è nostalgia e non c’è ottimismo in questo film, solo frammenti che rammentano un cambiamento e che palesano meglio di cento articoli quanto sia paradossale ed incompiuto l’assetto democratico del nostro paese, come se ciò che avviene ed è avvenuto fosse al contempo causa ed effetto di un vuoto che prima che istituzionale è strumentale e culturale.
Un crescendo che si svela sul doppio binario del nostro personale quotidiano e di un respiro che è sociale ma non sa essere collettivo, finchè su tutto questo non rimane che l’intensità di quello sguardo che già fu del Botero del Portaborse.
Il breve discorso finale all’uscita del palazzo di giustizia ricorda per antitesi quel “Non perdete la testa” che un accidente della storia fece pronunciare a Togliatti, ma che allora sarebbe stata la prima preoccupazione di quasi ogni esponente dell’arco parlamentare. E il pubblico rimane a pensare che oggi probabilmente non sarebbe così.

21/03/06

 

Uhm...

Classico giochetto di società internauta per elettori in crisi d'identità.
Mi autodenuncio pubblicando il mio grafico, in fondo con me ci ha azzeccato abbastanza, ma un paio d'inquietanti interrogativi mi costringeranno stasera all'infuso di camomilla. Perchè sono collocata così lontano dai DS? Ma soprattutto perchè ho la lista di Di Pietro così vicina?!? Brividi e raccapriccio come se piovesse...

Per chi volesse provare, just a click:
Elezioni 2006. Io sono qui. E tu dove sei?

 

Il Cardinale ci rifà

Indubbiamente un millennio di monopolio culturale insegna la sobrietà e la misura nel perseguimento dei propri obiettivi. Il messaggio di Ruini è sufficientemente laterale da non prestarsi formalmente ad accuse d’ingerenza nel dibattito politico di un paese teoricamente laico. In fondo mica ha suggerito quali partiti votare, ma semplicemente quali valori... quindi l’interrogativo sull’opportunità nonchè sulla legittimità di questo tipo d’interventi all’interno di uno stato laico in prossimità elettorale rimane un dubbio da porre alle coscienze. Di tutti, anche dei Cardinali.

20/03/06

 

Elogio della nostalgia


La nostalgia è comunemente nota come un sentimento di lusso, uno di quelli che non ci si dovrebbe permettere perchè ozioso, letterario e intimista, decisamente improduttivo e antimoderno.
Forse ci sono un po' troppo portata, ma scansionando vecchie foto -complici i coldplay di sottofondo- mi ritrovo a concedermi il lusso. Credo sia una sensazione sottovalutata, che riesce a dare una dimensione universale a quell'ombra che ci accompagna. Guardo i volti in bianco e nero, i fotogrammi del tempo che si disfa e diviene lentamente polvere mentre Crono continua a mangiare.
Prima sono frammenti personali... le notti estive, le costellazioni sopra la casa rossa, la voce dello zio Sandro e la sigaretta dello zio Irlando, il canto dei grilli, il gilera e il rumore della ghiaia sotto le suole, l’aria tiepida sulla pelle. Poi divengono storia, secoli e millenni di presente.
E' la coda della cometa che si trascina via tutta quell’energia che fu vita. Esplosa, rossa, gialla, urlata, un valzer di corpi e di menti che dopo un istante inizia la sua agonia. La morte del tempo è al di fuori del tempo.
Con la mente azzurrata dalla nostalgia di tutte le storie del mondo, rimango ad ammirare la danza di Shiva, l’eplosione erotica di tutti i continenti dell’oggi che ha già cominciato a sgretolarsi nel domani. E considero che non è affatto un sentimento inutile.

17/03/06

 

Ordo ab chaos

No, non c’entrano nulla grembiulini e compassi.
E’ solo che c’è il sole, la stagione incalzante concede l’illusione di un senso alla galassia intera e quella stronza d’Ipazia mi ha fatto notare che ormai bloggare è un must.
Allora ci rifletti e bene che vada ti ritrovi dimezzata come il visconte, una parte vellicata dal narcisismo esibizionista e l’altra frenata dall’occhio severo dell’uberich.
Sì, perchè cavolo, nemmeno son mai riuscita a scrivere un diario, solo frammenti sparsi di segni che saltano fuori dai punti più improbabili dello spazio-tempo, tipo il foglietto giallo traboccante profano misticismo che ritrovo dormiente in mezzo alle pagine dei Tristi Tropici di Levi-Strauss o le impressioni di esaltazione scritte al termine del Voyage Au Bout De La Nuit perse in mezzo alle ricette del pan di spagna. Pansè essiccate della mia storia, disorganiche ed anarchiche, mi andava bene così eppure...
Eppure i 40 mi alitano sul collo ed ho cominciato a cogliere che a volte mettere in fila i pezzettini può aiutare, che costruire un senso equivale a farlo esistere, che spesso una cornice è necessaria.
Ed allora eccomi qui, in un giorno in cui mia nonna non avrebbe cominciato nemmeno un lavoro a maglia io prendo vela nel mare dei bloggers. Al contrario di lei non ho chiaro nè il modello nè i colori, so solo che ho fili da intrecciare ed altri da districare e che la rotta è, as usual, indefinita.

Candide


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