11/12/06

 

Che la terra ti sia greve.

Avevo circa 7 anni e mi spiegarono che mi avrebbero presentato un nuovo compagno di giochi. Mi spiegarono che era cileno, io non avevo idea di dove fosse il Cile. Mi spiegarono che avrebbe vissuto per alcuni mesi con i miei zii perchè i suoi genitori erano profughi, io non avevo idea di cosa fosse un profugo. Mi spiegarono che suo padre era uno degli Inti Illimani, e quelli sapevo benissimo chi erano perchè mi facevano dueppalle così a tutti i festival dell’unità.
L’incontro fu un fiasco, mi trovai dinanzi un coetaneo con due occhi come due fanali, arrabbiato e triste. Restammo seduti a lungo, la barriera linguistica era superata solo dalle invettive con cui tentava di comunicarmi la sua storia. Mimava fucili e morti, ripeteva “Pinochet boia, Pinochet muerte”. Tornai a casa perplessa e chiesi a mia madre perchè quel bambino odiasse tanto pinocchio.
Per me è il primo ricordo in cui il mondo fiabesco infantile si scontra con quello reale. Lui questa fortuna non l’ha avuta. Lo rividi poche altre volte, ma non ricordo un sorriso in quei fanali.
Dietro il minuscolo cerchio dell’affetto dei tuoi cari, Augusto José Ramón Pinochet Ugarte, c’erano miriadi di occhi come quelli che oggi osservavano la tua dipartita. Buon viaggio.

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