15/06/07

 

Azdora inside

Amo i francobolli di storia inconsapevole che colgo con la coda dell’occhio nei luoghi e nelle persone, la polvere sulle bottiglie di vino in cantina, l’eco di trascorse migrazioni nelle parole consuete, i percorsi di oggi che ricalcano quelli di ieri; confesso ad esempio un’insana passione per le strade romane, eoni fa costrinsi un antico boyfriend a percorrere centinaia di km fino all’estremità del mare del nord solo perché la strada su cui ci trovavamo si chiamava caledonian road.
Della secolare appartenenza allo stato pontificio qui in romagna sono rimaste scarse tracce, le prime due che mi balzano alla mente sono il ricordo di mio nonno che ogni nove febbraio andava in un campo col fucile a sparare tre colpi in aria per celebrare l’anniversario della repubblica romana e questa ricetta:

STROZZAPRETI
Più o meno si fa una fontana con la farina e poco sale e ci si versa dentro l’acqua, si osserva un po’ quel modellino di un lago vulcanico attendendo che emerga prepotente il desiderio di cacciarci dentro le mani come si faceva da bambini nel fango o nella creta e si impasta con le dita ricolme di tutto il gusto e l’allegria di chi sa regredire consapevolmente alle proprie fasi predipiche, il rito termina quando la palla d’impasto rimanda un’idea di omogeneità e compiutezza e viene stesa in una sfoglia (ma anche no) molto spessa da cui si tagliano piccoli pezzetti da modellare con quel medesimo ancestrale movimento dei palmi con cui si preparano i colombini per la ceramica.
L’unica volta che mi dilettai in questa preparazione fu due anni fa per l’elezione di razinga, ora la posto come auspicio per domani.

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